Racconto di magia e trasformazione
Benvenuto! Se ti piacciono le storie in cui la magia è protagonista, leggi questo racconto qui sotto o scarica gratis il PDF alla fine della pagina. Buona lettura!
1 Coffea Arabica
“Questo è il mio settimo mese di vita. Sono cresciuta nella calda Etiopia, sui rilievi del Sidamo, bagnata dalle tiepide piogge subtropicali. Il mio nome è Coffea Arabica, sono una pianta della più pregiata varietà di caffè della Madre Terra. Gli uomini mi venerano perché ho caratteristiche di assoluta eccellenza, che regalano alla bevanda ricavata dai miei chicchi una nota di dolcezza simile a quella del cioccolato.
Sono sette mesi che aspetto crescendo. Sto qui e attendo. Sento le mie radici farsi sempre più salde e avvinghiarsi alla Terra che mi sostiene. I miei rami si allungano sempre più verso il cielo per catturare la luce necessaria alla fotosintesi delle cellule vitali. Li sento fremere e anelare alla pienezza dell’esistenza, anche se agli occhi degli uomini mi presento sempre immobile.
Loro non mi vedono per quello che sono, ma per quello che permetterò loro di ricavare. Concepiscono la mia esistenza in funzione della trasformazione delle mie bacche in quella bevanda forte e intensa che chiamano caffè.
La mia vita è legata a questo progetto che hanno in serbo per me. Un giorno arriveranno, staccheranno i chicchi dai miei rami, li raccoglieranno e li porteranno via per farne dapprima una grezza poltiglia, e poi una miscela via via più raffinata. Un lungo viaggio e questo amalgama arriverà alle labbra di coloro che lo consumeranno, chi per ricavarne energia, chi per passare qualche momento in compagnia con i propri simili, chi per abitudine, chi solo per il gusto di farlo.
Ormai manca poco, lo percepisco ogni giorno. I miei frutti sono quasi maturi, fra non molto arriveranno e me li toglieranno. Loro conoscono esattamente le mie proprietà. Sanno che percentuale di acidi e zuccheri sono racchiuse nei miei chicchi, quanti ne servono per ricavare un litro di caffè, per quanto potranno conservarli prima di avviarli alla distribuzione. Non so come faccio ad essere consapevole di queste cose, eppure le so. Le conosco e basta.
Quello che gli uomini non immaginano, è che fra tutte le piante di Coffea Arabica coltivate su questa Terra, gli esemplari che, come me, fanno parte di questa piantagione sono dotati di poteri eccezionali. Dev’essere stato per l’incantesimo portato dal Vento, quella notte di due mesi fa.
2 L’Incantesimo
Una giovane ragazza del villaggio più vicino, desiderando con tutto il cuore sposare un facoltoso commerciante che di tanto in tanto si reca lì per comprare i manufatti di seta, una notte di due mesi fa ha celebrato un rito per attirare l’oggetto delle sue brame. Non è bella, non è ricca, non è istruita, ma un giorno il commerciante l’ha notata per lo speciale talento nel tessere con i bachi della specie più pregiata. I capi confezionati dalla giovane sono i migliori del villaggio e il mercante è sempre disposto a pagarli più degli altri.
La ragazza, dal primo momento in cui ha visto il sorriso dell’uomo, ne è follemente innamorata e trascorre le sue giornate filando con la massima dedizione di cui è capace, in attesa dei fugaci momenti in cui potrà rivedere il suo amore, bearsi del suo sorriso splendente e dei suoi complimenti.
Sa bene di non possedere le qualità per essere scelta in sposa da un uomo tanto ricco, ma è la nipote della strega del villaggio, le ha visto fare tanti incantesimi fin da quando era piccola, e stavolta ha deciso di provare a farne uno per sé, senza dirlo a nessuno, di nascosto dai suoi familiari.
Così, ha sottratto il Libro delle Magie alla nonna un giorno che era andata a prendere l’acqua nel pozzo, ha ricopiato su un fazzoletto le poche righe centrali dell’incantesimo, ha rimesso a posto il manuale e non appena ha avuto la certezza che tutti dormissero profondamente, ha officiato il Rito dei Desideri. Qualche cosa, però, è andata diversamente dal previsto…
La ragazza ha trascurato il passo più importante, prima di iniziare a pronunciare le formule magiche: non ha compiuto le azioni preparatorie al rito, quei gesti basilari che una vera strega non può non conoscere. Aveva dimenticato di trascriverle sul fazzoletto, a causa della fretta. E così non ha chiuso il cerchio dell’Energia, non ha circoscritto il raggio del suo intervento fatato.. e il Vento, proprio mentre l’incantesimo veniva celebrato, è passato a soffiare sull’altare, portando con sé minuscole tracce di materia magica.
Spirando dalla radura del villaggio fin sui monti del Sidamo, il Vento del Sud ha sollevato su questa piantagione i piccoli germogli dell’incantesimo, rinvigorendoli con la potenza dell’Aria, e li ha fatti ricadere su di me e sulle mie Piante Sorelle.
Il risultato è che, ora, noi esemplari di Coffea Arabica possediamo, racchiusa nell’intimo delle nostre fibre, la capacità di realizzare i pensieri ricorrenti di chi ingerisce i nostri chicchi. Gli uomini non lo sospettano nemmeno, non possono sapere che un giorno chi berrà il liquido ricavato dalle nostre bacche vedrà realizzarsi le immagini che popolano le sue ore di luce e di sonno.
Quelle idee fisse, quelle frasi ininterrotte, quel nastro registrato che ogni giorno, per tutti i giorni della vita degli uomini, risuona nella loro mente, a volte senza che se ne accorgano neanche, ebbene, proprio quelli saranno gli ordini che essi daranno ai chicchi magici una volta che li avranno deglutiti. Anche se non ne saranno consapevoli.
Questa è la nostra eredità, questo è ciò che io e le mie Sorelle lasceremo in dono alla Terra, nel bene e nel male. Sarà responsabilità di chi ci consuma la scelta tra un futuro luminoso e di felicità, o un avvenire di disfatta e tragedia.
3 Chicchi speciali
Siamo quasi giunti a destinazione. E’ stato un lungo tragitto, quello che noi chicchi di caffè abbiamo compiuto per giungere fin qui. Dopo la raccolta, gli umani ci hanno lasciati essiccare al sole per molti giorni, ci hanno privati dell’involucro esterno e ci hanno distinti in virtù di forme e dimensioni. Ci hanno raccolti in sacchi e caricati su una nave che, dopo un lungo viaggio terminato in una nuova selezione e miscelazione, ci ha consegnati in un luogo chiamato Tosteria.
Qui, ci hanno trasformati in grani scuri e friabili. Poi, siamo stati racchiusi in contenitori dai quali hanno risucchiato ogni soffio d’aria e siamo stati avviati, con un ultimo viaggio, verso una piccola città del nord Italia, una città di nome Ferrara.
Una volta lì, ci hanno nuovamente caricati e depositati in un altro luogo, dove gli umani si radunano in ondate più o meno intense in vari momenti della giornata. Il proprietario di questo posto, che si chiama Bar Chicco d’Oro, ci ha infine sistemati in una colonna trasparente: una specie di gabbia di vetro, al lato del bancone dove si servono le colazioni, da dove noi possiamo osservare tutto ciò che accade. Il percorso che ci ha portati fin qui, completamente trasformati nella più intima natura, non ha modificato in nulla il proposito che ci è stato infuso quella notte dal Vento incantato.
Da quella sera umida e magica, infatti, è stato impresso nelle nostre fibre un ordine ben preciso: far avverare il pensiero di chi ci berrà. Questo è esattamente ciò che faremo, fin dalla prima volta in cui il proprietario del locale deciderà di inserirci nella macchina che ci trasformerà in caffè. Per ora, ci limitiamo a guardare con i nostri occhi invisibili le persone che entrano nel bar, alcuni per trascorrervi qualche breve momento prima di andare al lavoro, altri per rilassarsi dopo una giornata in ufficio o sui banchi di scuola, altri ancora per chiacchierare delle ultime novità.
Curioso come una semplice bevanda, come quella ricavata dalla nostra polpa, possa aiutare le persone ad avvicinarsi l’una all’altra, rendendole vicendevolmente partecipi degli avvenimenti della propria vita. Alcune riescono a lasciarsi andare solo davanti a una tazza di questo profumato liquido bruno.
Affascinante notare come, dopo il primo sorso di caffè, ciascun avventore si senta rinfrancato e incoraggiato ad incominciare il racconto della propria giornata, o della propria vita. Sembra quasi che gli uomini abbiano bisogno di una spinta per far uscire le prime parole.
4 Dentro il bar
Sono ormai diversi giorni che siamo adagiati qui, in questa botte di vetro, ad osservare i personaggi che frequentano il bar e le dinamiche che li collegano. C’è una ragazza che arriva tutte le mattine alle otto meno un quarto; appoggia lo zaino sotto al tavolino, ordina caffè e pasta e li consuma con una voracità da non credere, mentre legge e rilegge le pagine del quaderno che appoggia sul tavolo davanti a sé. Ha lunghi riccioli scuri, la carnagione chiarissima e le unghie smangiucchiate.
Si ferma al Chicco d’Oro prima di entrare a scuola e approfitta di questi ultimi venti minuti per ripassare le lezioni della giornata. Arriva in stazione al mattino molto presto e, per ovviare alle levatacce e agli orari proibitivi della vita da pendolare, sfrutta ogni singolo minuto per andare a scuola con i compiti fatti.
Un giorno, quando appoggerà come di consueto le labbra alla tazza di caffè e ci deglutirà sotto forma di bollente bevanda energizzante, allora sarà facile trasformare le visioni della ragazzina, i suoi desideri più profondi, in realtà tangibili. E lo stesso succederà agli altri avventori del locale: professori in pausa pranzo, anziani in pensione, professionisti frettolosi e casalinghe accorse per il mercato del venerdì. Accadrà tutto a tempo debito, non appena il primo gruppetto di noi sarà riversato nel macchinario per la macinazione.
Ormai manca poco. Lo sentiamo.
4 Inizia la magia
E’ successo tutto nello spazio di un attimo: il piccolo rubinetto che si è aperto alla base della colonna di vetro dove siamo adagiati da giorni; la paletta che ci ha raccolti mentre, a cascata, fuoriuscivamo dal pilastro trasparente; lo spazio angusto del macchinario per la macinazione nel quale siamo stati introdotti. La lama che ci ha sminuzzati in vista della preparazione della prima tazzina di caffè. La nostra prima tazzina.
Passando per un altro marchingegno, così, ci siamo trasformati in una bevanda scura e amara, che il barista ha spillato all’interno di una piccola ed elegante tazza di ceramica bianca, dalla quale la nostra potente essenza ha raggiunto le labbra dell’avventore di turno.
Si chiama Simone e si sono ormai conclusi i tempi in cui andava al Chicco d’Oro tutti i giorni prima delle lezioni. Si è laureato qualche mese fa ed ora è alla ricerca di ciò che gli
darà di che vivere nella sua vita futura. E’ un ragazzo alto, molto magro, con sottilissimi capelli castani, gli occhi dello stesso colore e la carnagione chiara come la Luna.
Non ha saputo tagliare i ponti con i luoghi e i tempi degli studi universitari, perciò torna quasi tutti i giorni nel centro di questa antica cittadina, in cerca di un lavoro che possa permettergli di stabilirsi qui. Ama Ferrara con tutto il cuore e vorrebbe che diventasse la sua città Madre, vorrebbe abbandonare per sempre il suo paese di origine, un paese che non è mai stato capace di riconoscere le sue doti di grande Narratore.
La ragione di vita di Simone è, infatti, raccontare ciò che immagina con parole di carta. Nella testa ha un turbinio di personaggi e situazioni a cui dare vita. A volte, oltre ad occupare i suoi pensieri nelle ore del sole, questi volti lo vanno a trovare anche di notte, popolandogli i sogni di viaggi, amori e vecchie città. In certi momenti, riflette, gli pare quasi di essere il Matto di quella canzone di De André, quello che la notte sogna gli altri mentre gli altri sognano soltanto se stessi.
Nei giorni che trascorrono in cerca di un’occupazione, Simone riesce a sentirsi vivo solo quando mette nero su bianco le parole e le azioni dei suoi personaggi, in un flusso di energia che gli dà sensazioni di pura magia. Gli innumerevoli tentativi di trovare lavoro qui a Ferrara non gli hanno causato che frustrazione e malessere, oltre alla sensazione di una rovinosa perdita di tempo, di una deriva dalla sua vera Natura, quella di Scrittore.
Da diversi giorni si sente scoraggiato, si chiede se mai riuscirà a superare tutto ciò. Ma quando prende in mano carta e penna e comincia a dar vita alle sue visioni, ecco che il mondo e le sue contingenze perdono i contorni, e il ragazzo sente rinascere dentro di sé quella speciale forza capace di dargli un senso di compiutezza.
Il primo sorso di caffè, per lui, è stato un’esplosione di gusto ed energia che ha saputo rimuovere dalla gola ogni residuo di sonno. Il secondo gli ha infuso la risoluzione necessaria per decidere di completare il racconto a cui sta lavorando, con cui parteciperà a un concorso molto prestigioso. Il terzo sorso gli ha regalato un senso di sicurezza e determinazione. Oggi stesso ultimerà il manoscritto e lo spedirà all’indirizzo di consegna, lo stesso dove avverrà la premiazione fra sei mesi esatti.
Dall’interno del suo stomaco, possiamo avvertire tutte le sue speranze, le emozioni, i sogni che desidera realizzare. Dove ora ci troviamo, Simone non ha modo di mascherare la sua vera essenza. Ciò a cui anela e che sente vero per sé è custodito qui, fra le pareti delle sue viscere, dove noi abbiamo la capacità di leggerlo e dargli forma in virtù dell’incantesimo di quella notte baciata dal vento.
Ama con tutte le fibre del suo essere fare lo scrittore e lasciare tracce indelebili dei suoi pensieri tramite le parole dell’immaginazione. Così sia. Ora il nostro compito è fargli avere ciò che ha chiesto senza saperlo. Questa sarà la prima missione della nostra vita da pozione magica.
5 Il Professore
Il cielo grigio e le piogge battenti della mattinata odierna hanno costretto la variegata clientela del Chicco d’Oro ad armarsi di ombrello e impermeabile per affrontare il tragitto verso il lavoro o verso scuola. Una ragazza con un grande parapioggia arcobaleno entra frettolosamente dalla porta scorrevole, scrollandosi dai vestiti gli spruzzi d’acqua di una pozzanghera schiacciata da un’automobile, e si lamenta con il barista per la maleducazione di certi utenti della strada.
Un vu cumprà si siede a cercare riparo dalle gocciolone insistenti che gli hanno martellato mani e piedi tutta la mattina; un professore scorre distrattamente i titoli dell’ultimo quotidiano, contando i minuti che lo separano dalla lezione della prima ora. Due signore chiacchierano oziosamente per far passare il tempo in attesa che la pioggia si plachi e che si possa fare finalmente un giro per le bancarelle del mercato.
Chi per un motivo, chi per l’altro, ognuno con le proprie aspettative e i compiti da assolvere, gli avventori affollano il bar con le loro calzature fradicie, l’umore alterato, i progetti rimandati.
Al bancone, il professore ha richiuso il quotidiano piegandolo in quattro parti e ha ordinato un caffè macchiato. Mancano venti minuti all’inizio della lezione di chimica e non sta nella pelle, per la prima volta da quando ha iniziato ad insegnare qui. E’ arrivato a Ferrara in un giorno caldo e afoso di fine agosto, quindici anni fa, trasferendosi dall’adorata costiera amalfitana pochi mesi dopo aver vinto il concorso.
Adattarsi al clima umido, uggioso nei mesi invernali, all’orizzonte liscio e senza increspature, ai paesaggi nebbiosi privi del respiro del mare, ma soprattutto alla nebbia impenetrabile, non è stato facile per il professor Lo Gaudio. I primi mesi sono stati molto difficili per lui, che viveva in una piccola casa sulla costa ed era abituato a svegliarsi con il brontolio liquido delle onde e il profumo degli aranci in fiore.
Ha sofferto non poco per l’atmosfera solitaria, quasi desolata, di questa città all’incrocio fra Medioevo e Rinascimento, ma col passare del tempo, poco a poco, la sua percezione è cambiata ed è riuscito a vedere la cittadina emiliana con occhi diversi. E’ arrivato ad apprezzare gli stretti vicoli e le architetture possenti, le bellezze nascoste delle chiese e delle ville antiche, il respiro quasi cinematografico di alcuni scorci, che gli sembra abbiano il potere di riattivare l’intima connessione di ogni uomo con il proprio sé.
E’ come se, camminando per il centro quando ormai s’era fatto buio, i muri e le strade sappiano ricordargli chi è e che cosa sta facendo. Una sensazione piuttosto strana, che spesso gli fa comprendere, con una personalissima interpretazione, le scene impossibili di certi dipinti di De Chirico.
Ambientarsi in questa nuova città gli è stato possibile soprattutto grazie all’amicizia con il professor Mariani, il docente di inglese, con il quale ha legato fin da subito. Nutrono entrambi una grande passione per il cinema, che li porta spesso, nelle fredde serate invernali, ad abbandonare il calduccio dei propri appartamenti per recarsi alla sala cinematografica più datata della città a vedere documentari e rassegne assai poco frequentate.
Tutti e due sono rapiti da quel linguaggio ad immagini: da giovani sognavano di diventare grandi registi, come Kubrick od Orson Welles. La vita li ha invece portati a fare i professori al Liceo Classico di Ferrara. Possono comunque vantarsi di insegnare nello stesso istituto dove ha studiato Michelangelo Antonioni.
I due hanno particolarmente a cuore la realizzazione personale dei propri allievi e sono convinti che, oltre alle necessarie conoscenze accademiche, per loro sia importante trovare la giusta strada nella vita, individuare le proprie capacità ed ambizioni professionali.
Per questo hanno dato vita ad un progetto innovativo, un corso pomeridiano in cui aiutano gli studenti a valorizzare i propri punti di forza e sviluppare lavori di vario tipo (letterari, grafici, musicali, eccetera), nei quali riversare la propria creatività e da cui partire per la futura ricerca o creazione di un lavoro.
6 Un progetto d’avanguardia
Il progetto di Mariani e Lo Gaudio ha riscosso tanto successo da esser divenuto l’appuntamento clou della settimana per un gran numero di studenti, che – come era quasi prevedibile – ora vi dedicano più energie che allo studio delle materie scolastiche. Il professore, dunque, attende la tazzina di caffè tamburellando le dita sul bancone rosato del bar, con un sorriso impaziente sulle labbra. Fra poco potrà comunicare ai suoi ragazzi della telefonata ricevuta ieri dal preside, che lo ha informato sugli entusiasmanti sviluppi del Progetto Creativo.
Il Ministero ha deciso di premiare sia il progetto stesso, sia alcuni dei lavori che ne fanno parte. Visto il carattere innovativo e altamente didattico del programma, dopo averne valutato le caratteristiche e i risultati, il Ministero ha deciso di replicarlo l’anno prossimo in altri dieci istituti e di assegnare una borsa di studio agli autori dei tre lavori più promettenti di quest’anno.
I nominativi dei prescelti saranno resi noti nel giro di due settimane. Un traguardo e un successo senza precedenti nella carriera del Prof. Lo Gaudio, che non vede l’ora di dare la lieta notizia agli studenti e a Mariani. Tre dei loro ragazzi avranno la possibilità di affrontare a cuor leggero il prossimo anno scolastico nelle facoltà che maggiormente li stimolano, e tutti i partecipanti al Progetto vedranno le loro opere inserite in un catalogo nazionale edito dal Ministero stesso, una pubblicazione di enorme prestigio, che li metterà in luce ciascuno nei propri campi d’interesse.
I più importanti imprenditori ed artisti italiani avranno sotto gli occhi quella lista di nuovi talenti e potranno contattarli direttamente per sviluppare nuovi progetti e collaborazioni. Il Prof. Lo Gaudio non può contenere oltre la propria gioia: beve il caffè tutto d’un sorso mentre sogna di vedere i propri studenti inscritti nel firmamento dorato dei professionisti di successo.
Chissà, forse questa luminosa occasione potrà anche aprirgli la porta verso la realizzazione del suo sogno nel cassetto, forse questa preziosa opportunità potrà fargli da trampolino di lancio, dando un seguito alle sue aspirazioni di regista. Forse troverà il modo di dare alla luce il cortometraggio a cui sta lavorando da tanti anni. Finisce di sorseggiare il caffè, paga e si incammina verso via Arianuova, alla volta del Liceo.
7 La signora Orioli
La pioggia sta quasi per cessare e i clienti del bar, poco alla volta, si recano alla cassa per poi uscire ad inseguire le proprie commissioni. Una vecchia signora dall’aria trasandata, con i capelli grigi e senza forma, passa davanti alla vetrina del Chicco d’Oro e rivolge un’occhiata greve all’interno del locale. È da tanto tempo che non ordina caffè e brioche.
Quando era giovane e poteva permettersi la bella vita, era sempre in giro per negozi e ristoranti, poteva scegliere il meglio che ci fosse in circolazione ogni qualvolta faceva un acquisto. Quei tempi sono passati e ora l’anziana donna non ha nemmeno gli spicci per fare colazione. Arrivata in fondo alla strada, fa dietrofront e si ferma qualche minuto davanti all’ingresso. I pasticcini e le torte in esposizione sono davvero invitanti, con i loro colori vivaci e le decorazioni all’ultimo grido. La luccicante trasparenza delle gelatine alla frutta riflette quel po’ di luce che è tornato in cielo dopo la fine del temporale.
Un tempo sarebbe entrata e avrebbe ordinato un pasticcino per ogni tipo, per il tè delle cinque con le sue clienti. A quel pensiero, le viscere le si contraggono per il risentimento e i tratti del viso le si induriscono ancor di più.
Il barista la vede spesso passare davanti al Chicco d’Oro con un’espressione di odio impressa sul volto. Una volta, notandone i vestiti logori e l’aspetto sciatto, l’ha invitata e le ha offerto qualche cosa da mettere sotto i denti, ma la vecchia l’ha preso a male parole, dicendogli che non ha bisogno della compassione di nessuno e che se vuole da mangiare è perfettamente in grado di procurarsene da sola: non è mica una barbona, lei.
Da quel giorno Roberto, il titolare del Chicco d’Oro, benché la veda passare in condizioni sempre più precarie, non si azzarda più ad invitarla, un po’ per non urtare la sua sensibilità, un po’ per il timore di essere apostrofato un’altra volta in quel modo.
La signora Orioli, da giovane, era una bellissima donna e aveva un laboratorio orafo in una delle vie più prestigiose della cittadina. Aveva un talento eccezionale nel lavorare i metalli e nel creare monili di altissimo valore con le pietre preziose. Aveva fra le sue clienti anche diverse dive del cinema degli anni Cinquanta e Sessanta, che col tempo si erano affezionate alla sua particolare mano e alla sua creatività fuori dal comune.
La signora Orioli era anche in grado di consigliare le pietre più adatte da utilizzare in un determinato periodo, ed era per questo che le sue clienti ricorrevano tanto volentieri ai suoi servigi, nonostante i suoi gioielli fossero fra i più cari di tutta Italia.
Il suo successo professionale era stato in continua crescita fino a che, ormai donna di mezza età, non aveva incontrato un uomo alquanto più giovane che lavorava a Cinecittà. Fra i due era stato amore a prima vista e si erano sposati pochi mesi dopo con una cerimonia in grande stile, alla quale avevano partecipato tanti mostri sacri del cinema italiano.
8 Il declino
Le cose avevano continuato ad andare bene ancora per qualche anno, dopodiché il marito, passando a uno stile di vita decisamente più agiato rispetto a prima, disgraziatamente aveva preso il vizio del gioco e aveva cominciato ad essere d’intralcio alla carriera della moglie. Aveva lasciato il lavoro a Cinecittà e si era fatto assumere in qualità di assistente nel laboratorio della consorte, dove aveva il compito di seguire le clienti più esigenti durante la loro permanenza nel negozio, assecondandone i desideri e rendendola la più gradevole possibile.
Trovandosi all’improvviso con una grande disponibilità di denaro, l’uomo non aveva saputo fare di meglio che cadere in vizi e stravizi, aveva incominciato a bere ed era diventato sempre più intrattabile, da giovane brioso e divertente qual era in principio. Con il tempo aveva contratto debiti sempre più grandi, incapace di darsi un contegno ed anzi, esagerando sempre più con lo sfarzo degli acquisti e l’avventatezza delle cattive abitudini.
La moglie, profondamente innamorata e incapace di porre un freno allo sperpero, aveva cercato di arginare i danni, aumentando il numero dei clienti e delle ore in laboratorio – ad un certo punto senza poter nemmeno più contare sulla presenza del marito, dato che erano più frequenti i suoi momenti di ebbrezza rispetto a quelli di lucidità – e alla fine aveva dovuto arrendersi all’evidenza.
Quell’uomo si stava mangiando tutto il patrimonio che lei aveva messo insieme in tanti anni di sacrifici e duro lavoro, e a un certo punto aveva avuto anche il coraggio di fuggire con una belloccia appena conosciuta, quando aveva constatato che ormai le riserve erano quasi esaurite. Alla donna erano rimasti solo i cocci sanguinanti del suo cuore spezzato e gli incolmabili vuoti pecuniari lasciati dallo sciagurato consorte.
Non lo aveva più rivisto dal giorno in cui il bastardo aveva lasciato la loro villetta di via Piangipane, facendo perdere completamente le proprie tracce. In seguito aveva dovuto subire il pignoramento di tutto ciò che aveva, incluso il laboratorio, ed era rimasta in ginocchio, senza la possibilità di rialzarsi mai più.
La profonda depressione in cui era caduta e i primi sintomi del morbo di Alzheimer, che erano comparsi subdolamente pochi mesi dopo il pignoramento, avevano fatto il resto. La signora Orioli, incattivita dalla terribile esperienza e priva di qualsiasi supporto sia affettivo che economico – i pochi lontani parenti si erano trasferiti in Canada quasi vent’anni prima ed era rimasta completamente sola – si era ritrovata per strada, senza un tetto sulla testa e senza la garanzia di un vitto costante.
Gli ultimi quarant’anni li aveva trascorsi per strada, vagando qua e là con la testa in continua lotta fra i momenti di consapevolezza e quelli in cui il disorientamento dovuto all’Alzheimer prendeva il sopravvento. Allora si avviava verso il luogo in cui aveva il negozio tanti anni prima, in via San Romano, senza riuscire a darsi pace per il fatto di non trovarlo più lì.
A volte, quando la sua mente ritrovava la via di casa, si rendeva conto della situazione e chiedeva aiuto a qualcuno – aveva anche trascorso qualche notte alla Caritas aiutando nelle attività quotidiane – ma un po’ a causa della malattia, un po’ per il suo carattere, divenuto rancoroso e lunatico, non era riuscita a mantenere quel tetto saldo sopra la propria testa, finendo molto spesso a dormire dove capitava.
Ora, davanti alla vetrina imbandita di quel bar, la vecchia signora ha un nuovo moto di rabbia e pronuncia dentro di sé parole cariche di livore per quell’uomo che le ha causato tanta sofferenza. Sono passate quattro decadi, ma quel sentimento di odio misto ad
autocommiserazione è ancora talmente radicato nella sua anima, che la Signora Orioli passa le giornate di lucidità ad immaginare mille modi in cui augurare al marito una morte lunga e atroce.
Avendola vista ferma ed intenta ad osservare le paste in esposizione, Roberto, il barista, ha deciso di superare le perplessità e sta ora uscendo sul marciapiede per consegnare all’anziana un sacchetto con qualche cosa con cui rifocillarsi. Le si avvicina e le allunga un sacchetto con alcune paste salate e dolci, una bottiglietta d’acqua, un succo di frutta e un caffè da asporto.
9 Francesca
Domani sarà l’ultimo giorno di scuola, ma Francesca non intende rinunciare all’ultima opportunità che ha di far colazione al Chicco d’Oro. I giorni scorsi ha dovuto restare a casa per curarsi da un antipatico raffreddore, e oggi ha proprio voglia di gustarsi caffè e brioche nel suo bar preferito.
Oggi, non avrà nemmeno la rogna di dover ripassare la lezione: le interrogazioni sono finite, i voti ormai decisi, ciò che è fatto è fatto. Ci ripenserà fra un mesetto, quando sarà ora di affrontare l’esame di maturità. Oggi, potrà concentrarsi sul sapore rotondo del suo caffè e sulla fragrante dolcezza del croissant alla crema.
A solleticare il buonumore della riccia studentessa dalla carnagione diafana, in questa giornata, è anche la straordinaria notizia che ieri il professor Lo Gaudio ha dato alla sua classe: tre studenti del Laboratorio Creativo avranno una borsa di studio. Come le piacerebbe essere una di quei tre fortunati! Se il suo lavoro venisse selezionato, la sua idea sul nuovo tour operator musicale avrebbe una chance di essere realizzata, e lei potrebbe dedicarsi a tempo pieno al suo appassionante progetto. Sarebbe magnifico seguirne lo sviluppo e vivere lavorando a ciò che le interessa davvero.
Francesca pensa che non sarà mai abbastanza riconoscente per ciò che Mariani e Lo Gaudio hanno fatto nell’ultimo anno scolastico e che li porterà sempre nel cuore. Con questo pensiero fra le sopracciglia, si siede al tavolino e si gusta la meritata colazione, centellinando il suo caffè macchiato.
10 Simone
E’ un pomeriggio limpido e bollente, nell’afosa città di Ferrara. Giugno si è ormai imposto sulle rocche e sulle piazze con la solita ingombrante presenza di mese più ardente dell’anno; gli studenti si stanno godendo le meritate vacanze oppure si stanno preparando per gli esami; gli adulti combattono con l’afa, invidiando di sottecchi i propri figli, ormai con la testa in vacanza anche loro; gli animali cercano refrigerio in ogni brandello d’ombra che trovano.
Da qualche ora si è alzato un soffio di Vento che, lungi dal donare refrigerio, si limita a smuovere e rimescolare il pulviscolo, sollevando la gonna alle signore in bicicletta e facendo volar via i tovagliolini di carta dai tavoli esterni dei bar.
Simone cammina a una spanna da terra mentre attraversa il mercato di piazza Trento e Trieste. Stamane ha ricevuto la notizia più eccitante della sua vita, una notizia di buon auspicio per il suo futuro di scrittore: ha vinto il concorso. Ha vinto il suo primo concorso letterario e fra pochi mesi avrà il privilegio di andare su quel prestigioso palco a presentarsi e a parlare del suo racconto.
Solo a pensarci gli occhi gli si riempiono di lacrime di gioia. Avrebbe voglia di gridare il suo giubilo al mondo intero, di saltare in mezzo alla piazza, di abbracciare tutti quelli che passano. Invece cerca di darsi un contegno e continua a camminare fra le bancarelle alla ricerca di un regalo per la sua ragazza.
Ancora non sa che d’ora in poi non dovrà più preoccuparsi del denaro: da quando ha bevuto il caffè, il suo avvenire di grande Scrittore è diventato realtà e ogni suo lavoro riscuoterà un enorme successo di pubblico e critica. D’ora in poi, potrà comprare i regali nei negozi più costosi, potrà scegliere sempre e solo il meglio, senza nessun condizionamento economico.
Ma questo ancora Simone non lo sa, e continua a curiosare fra le bancarelle in cerca di un anello per Francesca. Stasera le chiederà di diventare la sua fidanzata, ormai ha deciso. Ad ogni tavolo in esposizione, studia i monili che luccicano al sole in cerca di quello giusto per l’occasione.
All’improvviso la sua attenzione viene catturata da un anello fra i più belli che abbia mai visto. È di fattura talmente fine che non riesce a capacitarsi di come possa esser finito su una bancarella tanto modesta. Ha qualcosa di magnetico, non riesce a smettere di guardarlo. Il commerciante nota il suo interesse e gli dice che l’ha trovato nella soffitta di sua nonna, un’attrice degli anni Cinquanta che non riusciva più ad indossarlo perché le era diventato stretto. Simone pensa che sia perfetto per Francesca, con quella linea classica e quel piccolo smeraldo incastonato tra volute circolari.
“Se lo vuole, glielo faccio a metà prezzo: sono anni che tento di liberarmene, ma nessuno sembra vederlo.. L’ho chiamato l’Anello Invisibile!”, esclama il commerciante.
Simone riflette che è un’occasione da non perdere: non appena l’ha adocchiato, ha sentito che doveva averlo, che era quello giusto. Paga, lo fa riporre in una custodia con un delicato fiocco bianco e fa ritorno a casa. Quell’anello gli ha fornito l’ispirazione per un nuovo racconto.
11 Magia in azione
Intanto, il professor Lo Gaudio sta festeggiando con Mariani il contatto che ha ricevuto in mattinata da parte di una prestigiosa casa di produzione audio-video. Dopo le buone nuove sul Progetto Creativo, infatti, all’insegnante, sull’onda dell’ottimismo per il futuro successo di tre suoi allievi, è venuto in mente di ultimare il cortometraggio a cui sta lavorando da tanti anni senza trovare il coraggio di montare le scene finali. E’ sempre rimasto a un passo dalla conclusione, senza trovare la spinta giusta per ultimare l’opera.
Il giorno stesso in cui ha dato la bella notizia alla sua classe, invece, si è risolto a concluderlo, spinto da una forza misteriosa. Il giorno dopo l’ha pubblicato su Youtube e l’ha condiviso sui suoi profili social, e stamattina è stato contattato dai dirigenti di quest’importante casa di produzione, che sono rimasti colpiti dall’interessante ritmo narrativo. L’azienda si trova a Roma e il professore dovrà recarsi lì la settimana prossima per un colloquio informativo in vista della valutazione di alcuni progetti per il cinema.
Non sta nella pelle, ancora non riesce a crederci mentre lo racconta al collega, che lo ascolta a bocca aperta e con gli occhi carichi di meraviglia. Questa è una serata che i due amici non dimenticheranno mai, soprattutto Lo Gaudio, che la riconoscerà come l’inizio della sua nuova vita da talentuoso regista di documentari.
Nel frattempo, Simone sta mettendo l’anello al dito a Francesca. I due sono su di giri dopo aver bevuto qualche calice di Franciacorta, che la ragazza ha messo in fresca per la serata. Non sapeva che Simone le avrebbe chiesto di diventare la sua fidanzata, ma ha una notizia meravigliosa da festeggiare: la conquista di una delle tre borse di studio messe a disposizione dal Ministero.
Ce l’ha fatta, potrà frequentare il primo anno di Economia senza sborsare nemmeno un centesimo, grazie al Laboratorio e ai suoi due professori preferiti. Il suo progetto sarà anche pubblicato su un prestigioso catalogo nazionale. La proposta di Simone non ha fatto che rendere ancora più speciale questo momento, il più emozionante nella vita di entrambi i giovani.
La signora Orioli, intanto, fissa il soffitto della stanza d’ospedale dove è stata ricoverata qualche giorno fa. Un ragazzo l’ha vista accasciarsi al suolo in preda a forti dolori addominali, davanti a un negozio in via San Romano, mentre pronunciava le ingiurie più offensive che avesse mai udito. Al pronto soccorso le hanno fatto fare una serie di analisi e alla fine le hanno diagnosticato un cancro al fegato. Alla vecchia non restano molte possibilità di sopravvivere, a meno che non si trovi un donatore al più presto, per un trapianto.
I suoi ultimi giorni li vivrà in un avvicendarsi di momenti di disorientamento, dolori acuti e odio irrimediabile, che le darà il colpo di grazia di lì a poco. Non sa che quel disgraziato del marito è morto trent’anni prima, investito da un’auto. Gli auguri di supplizio e di morte che gli ha rivolto per quasi metà della vita le si sono ritorti contro e la faranno capitolare fra spasimi atroci.
12 Le origini
Intanto, a cinquemila chilometri di distanza, la ragazza etiope ha davanti a sé, inginocchiato, l’uomo di cui è innamorata, che le sta domandando di sposarla. Prima di fare ciò, ha chiesto il permesso di prenderla in moglie ai familiari di lei, che sono rimasti sbalorditi dalla proposta. Non comprendono come sia possibile che un ricco mercante, che veste abiti costosi e gira tutto il mondo, desideri prendere in sposa proprio la loro Trisha, che non ha nemmeno una dote.
L’unica che sembra avere uno spiraglio di comprensione è l’anziana nonna, la quale, da qualche giorno, scruta di sottecchi la nipote con aria severa, osservandone le mosse con grande attenzione. È probabile che prima o poi l’anziana donna sia costretta ad intervenire per rimettere a posto qualche strano pasticcio combinato dalla giovane, anche se ora non sa esattamente quale.
Chicchi di magia, ©Anna Rambaldi, maggio 2015
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L’immagine “Chicchi di Magia” è stata creata da ©Emanuela Serafini